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Essere un infermiere di home therapy ai tempi del Coronavirus: la storia di Orazio

Stiamo vivendo un’emergenza sanitaria senza precedenti, ma non ci stiamo forse dimenticando di chi ogni giorno vive la cronicità della propria malattia? Sono proprio quelle persone che, adesso che il sistema sanitario nazionale si è impallato, sono rimaste da sole a gestire il loro quotidiano.

È proprio per questi malati che noi infermieri domiciliari possiamo fare la differenza. Anche oggi ci siamo, ci siamo sempre, non solo adesso che ci hanno incollato addosso l’etichetta di eroi, ci siamo anche a Natale o a Ferragosto, con il sole o con la neve, con e senza il Coronavirus!

Siamo un punto di riferimento, una sicurezza, una certezza per i nostri assistiti in una condizione che di certo ha ben poco. Sono un infermiere che da sempre si occupa di malattie rare, quelle che quasi nessuno conosce e che in questo periodo non sono all’attenzione dei media. Proprio per i malati rari sento di dover continuare a esserci.

Svolgo quest’attività da più di dieci anni ed è bello vedere che in questo periodo i pazienti mi chiamano ogni giorno, mi aggiornano sulle loro condizioni di salute e mi chiedono le mie, cercando chiarimenti, sicurezze. Sono felici che qualcuno si continui ad occupare di loro.

Quando mi reco al loro domicilio mi fanno trovare la stanza arieggiata e pulita e indossano la mascherina. Anche loro si prendono cura di me. Questo è meraviglioso.

Proprio ieri una paziente che non seguo più da un anno perché non copro più la sua zona di residenza, mi ha chiamato per sapere se stavo bene raccomandandomi di stare attento.

Credo di fare uno dei più bei lavori al mondo.

Essere un infermiere di home therapy ai tempi del Coronavirus: la storia di Alessio

Da diverso tempo collaboro con HNP come infermiere domiciliare dedicandomi ad attività rivolte ai pazienti affetti da malattie croniche e rare.

Per un infermiere il lavoro in assistenza domiciliare è diverso dal lavoro in ospedale perché con il tempo entri a far parte della famiglia dell’assistito: non sei visto come semplice infermiere professionale, ma anche come un amico, un confidente e un punto di riferimento in ambito infermieristico per tutto il mondo che si trova dietro quel campanello che suoni anche tutte le settimane.

In questo momento così strano che stiamo vivendo per il Coronavirus, il nostro contributo di infermieri è essenziale per garantire la continuità assistenziale a domicilio per questo tipo di pazienti che presentano patologie che già di per sé li rendono più fragili di altri. Il mio lavoro infatti continua a svolgersi come sempre, ma con maggior attenzione, rispettando i protocolli di sicurezza che ci sono stati comunicati.

Che cosa è cambiato nelle mie attività? Beh, alcuni pazienti per il rapporto di fiducia che si è creato nel corso degli anni si sentono al sicuro a effettuare la terapia infusionale, proprio come si sentivano prima del virus; altri pazienti maggiormente ansiosi, pazienti che si trovano a casa dal lavoro con tutte le implicazioni che questo comporta, hanno avuto di bisogno di maggiori rassicurazioni sulla mia modalità di somministrazione della terapia, ma ancor più sui miei contatti precedentemente avuti data la mia professione, facendomi sentire una minaccia. Io non mollo, non ho esitato un secondo a spiegare loro che sono sempre Alessio, con una maschera in più e tante accortezze che servono proprio per preservare tutti i miei assistiti.

Il mio lavoro è come una missione, ed è in questo momento delicato che si deve continuare a lottare con tutte le nostre forze per il bene della collettività, lavorando con le giuste precauzioni, senza mai abbassare la guardia.

Essere un infermiere di home therapy ai tempi del Coronavirus: la storia di Gaia

Coronavirus, una parola che in questi giorni rimbomba 24h su 24h nelle nostre teste.

Un virus sconosciuto che in silenzio è entrato delle nostre vite, togliendoci la libertà di vivere la nostra quotidianità e mettendoci tante limitazioni, ma forse facendoci apprezzare i piccoli gesti quotidiani che tanto spesso diamo per scontati: un bacio, un abbraccio, una stretta di mano. Atti normali che oggi sono vietati perché la parola d’ordine è distanza.

Oggi più che mai, in questo blocco del nostro Paese, si sente un’aria completamente diversa e un silenzio surreale. Abituata a svolgere il mio lavoro come infermiera domiciliare e a spostarmi con la mia macchina in una metropoli caotica ed assordante come Roma, mi sono accorta che i rumori si sono fatti ovattati.

Gestire un lavoro delicato come il nostro a contatto così ravvicinato con i pazienti, non è semplice: molti di loro li conosciamo da anni, ma in questi giorni è facile percepire un velo di “paura” quando varchiamo la porta delle loro abitazioni. L’impatto psicologico è molto forte, non vediamo la fine di questa pandemia e come infermieri ci troviamo a dare tante rassicurazioni a pazienti timorosi con patologie complesse che oggi più che mai si sentono più fragili.

Entrando nelle loro case diventiamo dei punti di riferimento e sappiamo il peso che le nostre parole hanno per loro. Empatia e rassicurazione sono fondamentali soprattutto in questo periodo.

Sappiamo che essere infermiere è un lavoro complesso, perché oltre alle abilità tecniche prevede tutta una serie di componenti umane e psicologiche che ogni giorno mettiamo in atto. Noi siamo il nostro lavoro, perché la malattia e il dolore delle persone che incontriamo ce li portiamo sempre dietro, nel nostro zainetto di pensieri anche quando la giornata di lavoro si è conclusa.

Fare l’infermiere, in modo particolare nei programmi domiciliari, ci permette di costruire dei rapporti profondi con i pazienti e ricevere la loro fiducia stimola moltissimo il nostro operato. In questi giorni più che mai, poter ricevere la terapia nel comfort della propria casa è percepito fortemente come un valore: più di un paziente mi ha confermato che avrebbe saltato la terapia se si fosse dovuto recare in ospedale vista la situazione, interrompendo così la continuità terapeutica.

“Andrà tutto bene” è quello che l’Italia ripete a sé stessa come una sorta di mantra per scacciare via i pensieri negativi e io lo voglio ripetere a tutti i colleghi che stanno lavorando negli ospedali e nelle case, a contatto con questo nemico, dimostrando la forza e l’importanza del nostro lavoro.

Essere un infermiere di home therapy ai tempi del Coronavirus: la storia di Sarah

Sono giorni complicati, come infermiera continuo a lavorare. Non sono un’infermiera di reparto, il mio è un lavoro diverso: seguo pazienti cronici con malattie rare al loro domicilio, lo faccio ormai da anni.

Sono anni che frequento le case dei miei pazienti e sono diventata un piccolo pezzo della loro famiglia; proprio in giorni come questi si appoggiano più che mai a noi infermieri domiciliari.

Hanno bisogno di essere rassicurati e protetti, soprattutto protetti.

Ultimamente mi vedono cambiare tantissime volte i guanti, nascondere parte del mio viso dietro una mascherina, indossare gli occhiali; sembra un po’ un remake della canzone di Vianello ai tempi della pandemia. Quando entro a casa delle persone, spiego loro che tutte questi dispositivi sono per proteggerle e non per creare distanze, conosco tutte le loro problematiche che sono nate negli anni, quelle che in questo momento le rendono ancora più fragili. Loro si fidano di me, della mia professionalità, apprezzano il fatto che continui ad aiutarli.

Il mio lavoro non è solo questo, non mi interfaccio solo con pazienti a cui devo somministrare una terapia: ci sono anche quelli che monitoro periodicamente, sempre a domicilio.

Con loro è diverso: devo spiegare che per un po’ non ci vedremo, ma che ci sentiremo, che sono sempre a loro disposizione, ma dietro a un telefono; la mia professionalità è ancora a loro disposizione, ma a distanza, per proteggerli. A volte in queste chiamate parliamo di quello che sta succedendo e io cerco sempre di rasserenarli. Non è facile perché spesso non sono serena neanche io, ma sono un’infermiera e come è scritto nei primi articoli del nostro codice deontologico:

L’ infermiere si pone come agente attivo nel contesto sociale a cui appartiene e in cui esercita, promuovendo la cultura del prendersi cura e della sicurezza.

L’ infermiere orienta il suo agire al bene della persona, della famiglia e della collettività“.

E adesso, più che mai, un infermiere può essere un aiuto importante.

Essere un infermiere di home therapy ai tempi del Coronavirus: la storia di Anisoara

Di questi tempi credo che sia importante darsi molto da fare più che perdersi in chiacchiere, ma credo anche che raccontare quello che succede sia importante per chi come me ha a che fare con i pazienti, perché può essere un conforto in un momento così particolare.

Mi chiamo Anna, sono un’infermiera che si dedica all’assistenza delle persone affette da malattie complesse a domicilio.

Voglio condividere il mio vissuto in questo periodo molto delicato in cui il nostro lavoro di infermieri ci porta, oggi più che mai, a dare ai pazienti non solo l’assistenza specifica, ma anche un importante supporto in termini di rassicurazioni, informazioni, conferme, codici di comportamento per approcciarsi in famiglia e nella collettività.

Nel momento in cui varco la porta di casa dei miei pazienti vedo tante volte persone con il sorriso sulle labbra, contente di vedermi, persone che aspettano da me molte informazioni. Sono tante le domande a cui devo rispondere: come comportarsi, se certi atteggiamenti sono giusti o sbagliati. Noto anche una maggiore attenzione dei miei assistiti a tutte le manovre che metto in atto per l’infusione domiciliare e rispondo con interesse alle domande che mi fanno in merito.

Mi capita anche di vedere persone timorose al mio ingresso in casa loro, parlano con gli occhi, capisco che si stanno chiedendo: “siamo al sicuro se, tu che per lavoro ti muovi tanto, entri a casa nostra?”. Cosa posso fare per rassicurarli? Spiegare e mostrare loro qual è il modo in cui si svolgerà il mio intervento (la distanza sociale di almeno un metro, l’uso della mascherina, i ripetuti cambi di guanti in ogni fase dell’attività)

Personalmente credo che l’attività di più importante valore in questi tempi colmi di incertezze e preoccupazioni, sia il supporto psicologico: le persone si aspettano da noi che entriamo nelle loro case, rassicurazioni e conferme. Le persone ci aspettano nelle loro case per affidarsi a noi, per sentirsi protette; siamo anche la loro “valvola di sfogo” perché tante volte liberarsi delle preoccupazioni e avere risposte è tanto importante quanto la terapia. Avere a casa un operatore sanitario con cui confrontarsi tranquillizza e conforta, aiuta a “ricaricare le batterie” per continuare ad affrontare un periodo critico che si aggiunge a una condizione già fragile di per sé, quella di malato raro.

Ho trovato conforto quando, uscendo dalla casa di uno dei miei pazienti, mi sono sentita dire “ti aspettiamo la prossima volta!”.  Questo per me è importante, significa che sono riuscita a trasmettere a lui e alla sua famiglia quello che mi pongo come obiettivo sempre: fiducia, che penso sia la base del rapporto infermiere paziente.

In questo particolare periodo credo sia fondamentale il nostro operato: siamo quelli che curano “anima e corpo”, la nostra missione è di fondamentale importanza. Quindi, rivolgendomi ai miei colleghi, auguro a tutti: Buon lavoro!

 

Essere un infermiere di home therapy ai tempi del Coronavirus: la storia di Valentina

Per l’esperienza che sto vivendo in questi giorni, essere infermiera ai tempi del Coronavirus non è poi così diverso dal solito. Ogni giorno giro la chiave per accendere la macchina e mi reco al domicilio delle persone che assisto, esattamente come prima del Covid-19.

Ogni giorno questa professione è chiamata a confrontarsi con gli aspetti più importanti della vita: salute e malattia, in un confine sempre molto sottile e soprattutto senza fine.

Un aspetto che si è un po’ modificato è il livello di attenzione che stiamo riponendo a ogni accesso: cambiare molto spesso i guanti o mettere la mascherina, disinfettarsi in continuazione le mani a oggi non sono più un dispositivo di protezione individuale, ma un dispositivo di protezione per l’altro, per la persona che ho davanti che necessita incondizionatamente della terapia perché la sua malattia è cronica e come tale non scompare, non si ferma, non va in quarantena per un numero determinato di giorni!

Ed è proprio per questo che oggi più di ieri sento che una certezza prende forma: sono un’infermiera che opera nel campo dell’assistenza domiciliare, in progetti disegnati ed erogati per rispondere ai bisogni della singola persona, cuciti su essa e per questo il mio lavoro non si può fermare nemmeno di fronte a un’emergenza come quella che stiamo vivendo, perché per queste persone quello che faccio è utile, perché la cura nel mio lavoro è tutto.

Ai miei colleghi che operano nella Sanità Pubblica, in questi giorni in cui negli Ospedali si sta scatenando il caos, dedico la mia stima. Io da infermiera domiciliare spero di essere loro un po’ di aiuto, prendendomi cura dei miei pazienti al domicilio, perché siamo tutti una grande squadra unita per fare fronte a un problema, e perché finito questo problema continueremo a fare il nostro lavoro, sempre con cura.

L’Italia è tutta zona rossa, la popolazione è in quarantena, uomini e donne costretti a passare le loro giornate dentro casa e uscire solo per svolgere le attività indispensabili. Nel mio caso è l’indispensabile che arriva a casa loro! Riuscire a erogare un servizio che entra nella quotidianità, che rispetta la persona con empatia e con la massima professionalità, accompagnando i pazienti nel percorso più difficile: la malattia.