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Digital Health, gli strumenti digitali a supporto delle patologie respiratorie

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Lo scenario che si sta delineando in questi anni è quello di una crescente attenzione allo sviluppo degli strumenti di Digital Health, i quali mutano il ruolo degli attori healthcare e ampliano fortemente il perimetro di azione delle tecnologie attive in ambito sanitario. In particolare, aumenta la disponibilità di soluzioni destinate sia al benessere e alla prevenzione della collettività, che al controllo e al supporto continuativo dei pazienti affetti da patologie croniche da monitorare nel lungo periodo.

Nello specifico, l’asma, la broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO), le fibrosi polmonari e le apnee del sonno sono solo alcune delle più comuni patologie respiratorie che hanno un peso rilevante sui Sistemi Sanitari Nazionali e sulla qualità di vita dei pazienti.

I bisogni di queste diverse categorie di pazienti possono essere soddisfatti fornendo loro soluzioni digitali che li supportino quando e dove necessario e che allo stesso tempo rappresentino delle vere e proprie sorgenti di dati. Sono questi ultimi, raccolti attraverso differenti strumenti digitali e contemperando tutti i vincoli e le previsioni normative, l’elemento fondamentale per alimentare sistemi analitici o algoritmi evoluti che siano in grado di trasformare il dato in conoscenza, evidenza ed impatto di valore e che possano supportare studi di Real World Evidence su ampia scala.

Le moderne soluzioni digital per il monitoraggio e la gestione delle cronicità respiratorie

 

Le patologie respiratorie e in particolare l’asma e le BPCO sono malattie croniche delle vie respiratorie che hanno un forte impatto sui pazienti, sulle loro famiglie e sulla società attestandosi al terzo posto nelle cause di morte in Italia rilevate dall’Istat. Una parte consistente di questi decessi non è da attribuire solo alla gravità della patologia, ma anche alla scarsa aderenza alla terapia o ad abitudini di vita e comportamenti non adeguati. Per supportare le sfide derivanti dalla gestione di questi aspetti sono state introdotte diverse soluzioni digitali che coadiuvano e integrano le terapie tradizionali grazie a dispositivi che, a differenza delle soluzioni precedentemnete reperibili, integrano le Application Program Interface (API) che consentono la trasmissione sicura e controllata di dati tra diversi dispositivi, piattaforme e ambienti cloud.

Esistono, infatti, soluzioni di supporto digitale che offrono dashboard online e combinano le rilevazioni di dispositivi quali spirometri, CPAP (Continuous Positive Airway Pressure) e altre strumentazioni con App e dataset, i quali aiutano sia il paziente nella gestione di un piano personalizzato di supporto alla propria terapia che il medico specialista fornendogli dati utili per poter osservare in tempo reale il decorso della patologia.

La raccolta automatica dei dati relativi al trattamento e all’aderenza, coadiuvata da connettività 4G, nonché dalle API presenti in dispositivi di nuova generazione, consente uno scambio sicuro e autorizzato di informazioni tra i diversi specialisti e attori healthcare permettendo un monitoraggio costante dei risultati e degli indicatori di salute. Una volta che questi dati vengono raccolti in piattaforme di Patient Relationship Management come ICARE Platform, possono essere elaborati e integrati con altre fonti di dati per creare dashboard olistiche e analytics dettagliati. Tutto ciò è la base che permette a team di Data Analyst specialisti, di fornire servizi di consulenza e analisi per avviare studi complessi e integrati di RWE.

Tuttavia, dalla soluzione digitale di supporto o accompagnamento al vero e proprio digital therapeutics lo scenario della digital health è ancora in profonda evoluzione e quelle elencate sono solo alcune delle soluzioni esistenti per supportare queste patologie croniche.

L’utilizzo dei dati sanitari raccolti nei PSP tra Privacy e GDPR

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In un mondo sanitario che si sta modellando sulla spinta delle nuove tecnologie che introducono nutrite potenzialità di raccolta, di calcolo e di analisi, i dubbi in merito ai limiti imposti dalla legge nel trattamento dei dati non fanno che crescere.

Sono tante le domande che gli operatori sanitari del mondo healthcare si pongono sui cambiamenti introdotti dal Regolamento generale sulla protezione dei dati (GDPR).

E alla luce delle recenti discussioni in materia di Real World Evidence e Real World Data, sono consistenti anche le perplessità riguardo all’utilizzo dei dati raccolti dai Programmi di Supporto al Paziente (PSP).

I PSP fanno del monitoraggio costante del paziente il loro principale ingrediente, si basano sulla raccolta di dati e conseguentemente di evidenze, ma in che modo possono essere maneggiate queste informazioni?

Per cercare di dare una risposta a questi quesiti, abbiamo fatto qualche domanda all’Avvocato Silvia Stefanelli che da anni offre consulenza nelle diverse tematiche inerenti il diritto sanitario.

  • Quali sono stati i principali cambiamenti introdotti dal GDPR sui dati sanitari?

I cambiamenti più rilevanti sono senza dubbio quelli relativi alla base di liceità del trattamento.

Mentre il trattamento del dato sanitario nella precedente architettura normativa della dir 95/46/CEE e del “vecchio” Codice Privacy era (quasi) sempre il consenso del paziente, nel nuovo GDPR sposta l’attenzione sulla finalità di trattamento.

In altre parole è la “ragione”  per cui i dati vengono trattati che ne determina la base di liceità: così se il dato viene trattato per finalità di diagnosi, assistenza e terapia (art. 9 lett. h) e chi lo tratta è un professionista sottoposto al segreto professionale, non occorrerà alcun consenso perché la base di liceità sarà direttamente nell’art. 9 comma 2 lett h  e art. 9 comma 3 del GDPR; viceversa, se la finalità è diversa (per esempio la soddisfazione del paziente) oppure manca il requisito di cui all’art. 9 comma 3 (trattamento da parte di soggetto sottoposto al segreto professionale), occorrerà cercare un’altra base di liceità di trattamento, che presumibilmente potrà essere il consenso del paziente.

  • È possibile e con quali “accortezze” utilizzare i dati acquisiti nell’ambito dell’erogazione dei servizi assistenziali?

Si, certo. Anzi i dati relativi alla salute sono considerati un “bacino” di informazioni molto importante. È lo stesso GDPR che al Considerando 157 spiega l’importanza dell’utilizzo dei dati contenuti nei registri anche per finalità diverse rispetto a quelle per cui i dati sono stati raccolti e al Considerando 159 ci spiega che la nozione di ricerca scientifica del GDPR deve essere interpretata “in senso lato e includere ad esempio sviluppo tecnologico e dimostrazione, ricerca fondamentale, ricerca applicata e ricerca finanziata da privati, oltre a tenere conto dell’obiettivo dell’Unione di istituire uno spazio europeo della ricerca ai sensi dell’articolo 179, paragrafo 1, TFUE”.

Chiaro che il trattamento dei dati sanitari per finalità diverse da quelle di diagnosi e cura deve comunque rispettare in primo luogo (e tra gli altri), i principi di liceità e trasparenza: vale a dire che occorre identificare con esattezza la finalità del trattamento – e quindi, di conseguenza, identificare la base giuridica del trattamento – rispettare il principio di trasparenza, cioè informare in maniera chiara e completa il paziente delle finalità di trattamento (attraverso l’informativa) e valutare la corretta base giuridica di trattamento.

  • Il dato raccolto nei PSP può essere utilizzato per effettuare analisi di Real Word Evidence, quali sono i passaggi necessari per farlo correttamente?

È una domanda molto complessa che oggi non ha una risposta chiara. Io credo però che il quadro normativo permetta alcune considerazioni.

La Real Word Evidence è un’analisi dei dati raccolti nell’ambito della somministrazione di un farmaco al di fuori di un trial controllato.

Allora, sotto il profilo trattamento dato, il punto cardine è – a parer mio – quello prima analizzato: quale è la finalità di questa analisi che viene effettuata sui dati reali e chi tratta questi dati. Facciamo qualche esempio.

Se la finalità è la valutazione della soddisfazione, o della aderenza del paziente al farmaco o dispositivo, potremmo essere di fronte ad un trattamento per la customer satisfaction oppure una farmacovigilanza o sorveglianza post marketing del dispositivo medico, per le quali occorrerà cercare la corretta base di trattamento anche a seconda di chi è il titolare di questo trattamento, nonché verificare che il paziente sia stato informato di tale trattamento ulteriore.

Se viceversa il trattamento dei RDW ha come finalità quella di estrarre informazioni finalizzate ad una verifica di natura scientifica, allora i riferimenti normativi possono cambiare. In questo caso il quadro normativo si complica perché, mentre il GDPR disciplina solo la ricerca scientifica (art. 89), il nostro Codice Privacy distingue tra ricerca scientifica con dati sanitari (art. 107 del Codice) da ricerca medica ed epidemiologica (art. 110 del Codice privacy), senza però chiarire la distinzione tra la nozione di “scientifico” da quella di “medico”.

La domanda, pertanto, non ha una risposta univoca: la stessa va sempre cercata nelle finalità del trattamento.

 

 

Real World Evidence, la sfida italiana

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RWE. Una parola che genera al contempo attrazione, come ogni nuova tendenza che inizia a diffondersi in un ambito lavorativo, ma anche diffidenza, poiché le modalità di applicazione dell’RWE hanno contorni ancora poco definiti e chiari.

Dal teorico studio accademico, gli operatori del mondo healthcare, vorrebbero vedere la Real World Evidence declinata in strumenti quotidiani che possano rendere tangibili le possibilità di questo approccio.

Ma, concretamente, cosa significa cogliere la sfida che il nuovo paradigma dei Real World Data ci sta ponendo?

Partendo dalla definizione, secondo quanto riportato dalla Food and Drug Administration  nel 2016, la Real World Evidence è l’evidenza clinica relativa all’uso e ai potenziali benefici o rischi di un prodotto medico derivato dall’analisi dei Real World Data (RWD – “dati del mondo reale”). L’evidence deriva da un accurato piano di ricerca e di analisi, predefinito e successivamente interpretato. La FDA ha già delineato come sia possibile utilizzare sia i Real World Data che le loro evidenze per monitorare la sicurezza post mercato, gli eventi avversi e per prendere decisioni normative. La comunità sanitaria potrebbe servirsene per valutare linee guide e scelte di pratica clinica. La comunità dei pazienti potrebbe beneficiarne nell’ottenere cure sempre più personalizzate in base al proprio profilo di salute. L’Industria potrebbe utilizzarli per dimostrare il valore del proprio prodotto in tutte le fasi del ciclo di vita, dallo studio clinico alla sua maturità. Ad esempio, attraverso una valutazione dell’unmet need clinico per lo sviluppo di una nuova terapia, una valutazione del budget-impact per la fase di accesso di un nuovo prodotto, uno studio di aderenza o uno studio del valore apportato dal servizio in caso di rinegoziazione di un farmaco e così via.

RWE e la sfida dell’accesso al dato

Uno dei motivi per cui in Italia l’RWE non è così utilizzata risiede nelle fonti del dato, molto eterogenee, e che spesso risultano di difficile accesso e non organizzate in database completi e fruibili in breve tempo.

Le cartelle cliniche informatizzate non presentano formati standard, vi è una mancata uniformità dei database amministrativi e questi ultimi non sempre sono di semplice fruizione, sia per motivi più tecnici legati alle strutture e alle conformazioni dei database, che per difficoltà legate ai permessi di accesso, le difficoltà incontrate dai centri clinici nel poter impostare un follow-up puntuale della malattia. Sono queste le difficoltà che quotidianamente affronta chi decide di cogliere la sfida posta dal nuovo paradigma della RWE.

Come i servizi a domicilio si inseriscono nella grande sfida dei dati

Una delle fonti del dato ancora poco considerata quando si parla di RWE è quella dei dati derivanti dai servizi di home-therapy che possono rappresentare, per la comunità scientifica, gli strumenti attraverso i quali raccogliere un insieme cospicuo di dati strutturati con metodologie continuative, programmate e regolate. Un efficace strumento per generare un solido pattern di dati durante un lungo periodo di tempo. Monitorare l’andamento di un valore, valutare il grado di aderenza a una terapia e gestire eventuali effetti collaterali in modo sicuro e affidabile.

Un esempio di tale utilizzo è lo studio del 2017 svolto su 85 italiani affetti dalla malattia di accumulo lisosomiale di Anderson Fabry, grazie al contributo di Caregiving Italia, ora parte di Healthcare Network Partners. I risultati raccolti durante il periodo di home therapy, di un anno e undici mesi, hanno riportato:

– Un aumento di aderenza al trattamento dei pazienti al 100% (primaperdevano 1 infusione su 10) ;

– L’incremento della qualità di vita del paziente.

Questo studio, tra le altre cose, è stato utile per affermare il modello dell’home-therapy come good practice in molte regioni italiane.

Strutturare una raccolta dati che possa generare evidenze scientificamente valide e utili rappresenta un mezzo per prendere decisioni a vantaggio di tutti gli attori: dai pazienti – per una migliore e corretta terapia, all’industria – per dimostrare il valore apportato, alle istituzioni – in ottica dell’implementazione del cost-saving.