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Human centered design in sanità: i cultural probes

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In maniera sempre più frequente e strutturata la creazione di servizi e campagne per i pazienti parte dalla loro osservazione e ascolto. Interviste etnografiche, focus group, osservazioni partecipanti sono tecniche del patient experience design che risultano fondamentali per collezionare informazioni sui bisogni, i pain points della journey.

Le cultural probes si inseriscono nel quadro dello human centered design e offrono un vantaggio rispetto ai metodi precedentemente citati: permettono di misurare l’interazione del paziente real time, senza la mediazione e la presenza del ricercatore.

Raccogliere informazioni in maniera informale e interattiva

Possiamo considerare i cultural probes come sorte di diari di bordo che vanno oltre le parole e viaggiano su canali differenti.

Generalmente questa tecnica prevede l’invio agli interessati di un kit che può contenere oggetti (post it per annotare, cartoline, una macchina fotografica, degli stickers, una penna) o semplicemente delle istruzioni qualora le attività si svolgano online.

Non ci sono limiti al materiale da inserire in un kit, che può comprendere qualsiasi cosa aiuti a raccogliere informazioni in maniera informale e creativa, nella scelta degli strumenti è fondamentale tenere conto delle tipologie di persone a cui è destinato il kit e lo scenario in cui questo si colloca.

Alla base della creazione di questi strumenti le domande guida rimangono:

  • cosa, quando dove, perché, chi e come
  • come stanno interagendo gli utenti?
  • quali sono le emozioni che guidano le scelte e le azioni?

Le cultural probes scatenano un’ottima reazione iniziale perché giocano su una risposta emozionale immediata legata alla sorpresa e alla creatività, ma hanno bisogno di essere gestite in seguito in maniera molto attenta. Il tempo di somministrazione può variare da qualche settimana fino a un massimo di un mese.

Cultural probes nell’ healthcare

Analizzare lo stato d’animo di un paziente allo start di una terapia, cercare di comprendere meglio come si informa, quali sono i pain points che riguardano la quotidianità, come lo spazio e gli elementi che lo circondano siano in grado di condizionare il suo rapporto con la malattia.

Se strumenti come le interviste o le osservazioni risultano estremamente efficaci nell’ambito del patient experience design, le cultural probes presentano un ulteriore elemento a favore: tutte le action che il paziente è chiamato a fare non prevedono alcuna mediazione del ricercatore, questo permette di raccogliere dati senza il rischio di influenze esterne. Compilare un diario, rispondere a stimoli digitali, fotografare oggetti, spazi o persone sono attività che possono essere svolte in maniera autonoma, il paziente sceglie il dove, il come e il perché.

Questi strumenti, basandosi su una interazione che ha bisogno di mantenersi costante per tutta la durata della ricerca, presentano una criticità: non sempre sortiscono i risultati qualitativi sperati. È possibile che il paziente abbandoni le interazioni con il kit, per questo è fondamentale stabilire il giusto slot temporale per la ricerca e creare il giusto mix di attività analogiche e digitali e una serie di appuntamenti di contatto per verificare che le attività si stiano svolgendo.

Il digitale facilita l’interazione dei partecipanti: una volta stabiliti i task delle cultural, queste possono essere facilitate da strumenti mobile. La macchina fotografica usa e getta può essere sostituita della fotocamera del telefono, il diario cartaceo da una nota nel telefono, una serie di immagini di carta possono tramutarsi in fotografie mandate in una chat.

Healthcare communication, quale futuro?

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Com’è cambiata la comunicazione di salute in questi mesi?

Il digitale ha soppiantato l’offline?

Nei mesi appena passati il mondo della Salute ha avuto un’esigenza chiara e precisa: informare tutti, nessuno escluso, su quali fossero le norme da tenere e i dispositivi da utilizzare per evitare il rischio di contagio da Covid-19. Il ministero della Salute ha utilizzato un media sempre molto caro agli italiani, la televisione, per veicolare campagne informative sui comportamenti da tenere e le buone pratiche da rispettare. I contenuti si sono stati resi fruibili sul piccolo schermo utilizzando uno strumento che viene riconosciuto come immediato e chiarificatore: l’infografica animata. Nonostante non si possano dichiarare abbandonate del tutto le pubblicità progresso vecchio stampo ci siamo ritrovati a memoria la sequela di informazioni che ci venivano narrate da una voce che accompagnava sequenze di icone animate, facilmente assimilabili dai nostri neurotrasmettitori e in maniera veloce e pulita.  Nelle farmacie come in molti esercizi commerciali, nelle sale d’attesa dei Centri Clinici o negli uffici che abbiamo piano piano ricominciato a popolare un fitto sistema di cartellonistica ad indicare “come comportarsi” ha soppiantato la segnaletica di emergenza ed è entrata a fare parte del nostro sistema visivo di codici. Tra le immagini più ricercate nelle principali banche di immagini online troviamo il social distancing, tra le icone maggiormente scaricate mascherine appoggiate alla faccia e mani nell’atto di essere pulite con un prodotto disinfettante. Questi simboli sono entrati in tempi rapidissimi a fare parte della nostra semiotica.

Verso una digitalizzazione della comunicazione

Nel mondo healthcare si è parlato di una forte spinta acceleratrice alla digitalizzazione dei servizi e dei prodotti, lo stesso processo è avvenuto anche per la comunicazione?

Aggirandosi per le sale d’aspetto dei Centri Clinici o negli ambulatori dei Medici di Medicina generale l’occhio nota subito qualcosa di diverso: le riviste sono sparite e le brochure informative sono diventate rari oggetti quasi d’antiquariato. La ragione è solo quella delle nuove disposizioni in termini di igiene e contatto? No.

Abbiamo passato tre mesi chiusi in casa, l’informazione ha avuto la necessità di passare per altri mezzi e ci ha raggiunti con landing page su cui siamo atterrati tramite sponsorizzazione sui media dove abbiamo trascorso le nostre ore, ci ha fatto suonare il telefono con notifiche su whatsapp mandate dal nostro Medico che ci inviava qualche contenuto digitale, è passata per chatbot inseriti nei siti dove siamo andati ad informarci, ha utilizzato le parole di qualche influencer che abbiamo seguito pedissequamente perché avevamo bisogno di sapere che sarebbe andato #tuttobene.

Una comunicazione orientata al paziente… e non solo

Questo non significa che abbiamo abbandonato gli strumenti offline, ed è stato giusto così: il digital divide è ancora un aspetto cruciale nella nostra società ed è necessario che l’informazione sia universale, soprattutto quando si tratta di salute. Che cosa ha significato questo nella pratica? Aumentare i poster appesi alle pareti nelle sale d’aspetto, inviare direttamente al domicilio materiali formativi utili per la comprensione e la gestione della patologia, utilizzare infografiche semplici, caratteri leggibili, simboli ormai universali. Nei focus group eseguiti a distanza per studiare la migliore maniera di veicolare le comunicazioni inerenti alcuni PSP molti intervistati hanno espresso una preferenza per lo strumento cartaceo indipendentemente dalla loro età o digitalizzazione informatica per un semplice quanto non scontato motivo: toccare le informazioni è diventato un privilegio in un momento in cui siamo stati separati dalla cose tramite schermi di tutti i tipi. Ricevere a casa un diario da compilare, un opuscolo da sfogliare è stato un modo per tenersi legati a quello che c’era fuori dalle nostre case.

Questo orientamento è valso solo per i pazienti e i loro caregiver? No nel bisogno di informazioni chiare e fruibili. È questo il caso degli operatori sanitari che hanno assunto un ruolo cruciale nel veicolare contenuti ma al contempo hanno avuto poco tempo a loro disposizione per dedicarsi a queste attività. E allora è stato importante rendere i materiali informativi immediati, in questo caso avvalendosi del canale online.

Nuovi messaggi – quali strumenti?

Sono state molte le Pharma che in questi mesi hanno messo a disposizione servizi di drug delivery domiciliare o di supporto emotivo; in questo caso i Clinici chiamati a favorirne la conoscenza tra i pazienti hanno ricevuto materiali informativi che inserivano in una immagine emblematica la call to action, rimandando poi a landing page specifiche tutte le informazioni di contesto. In questo modo il messaggio principale è arrivato in maniera chiara ed è stato facilmente condivisibile tramite smartphone, utilizzando la messaggistica istantanea o le e-mail.

E adesso che il lockdown è passato? Sebbene il digitale si stia rivelando un valido veicolo per l’informazione è sempre importante valutare il giusto mix di strumenti online e offline per creare una comunicazione che si rivolga ai destinatari d’interesse e che sfrutti i loro canali preferenziali.