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Super App per una nuova user experience in ambito health

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L’healthcare è un sistema complesso composto da centinaia di interazioni e variabili. Con l’aiuto della tecnologia molte delle attività svolte all’interno di questo articolato sistema salute si sono digitalizzate ed evolute. Da un lato, dunque, il rapporto medicə-paziente si è adattato alle nuove grammatiche comportamentali imposte dalle tecnologie digitali, come per esempio Whatsapp, che attraverso la disintermediazione della relazione ha consentito aə pazientə di rivolgersi direttamente aə medicə. Dall’altro lato, la digitalizzazione del comparto medico-sanitario ha, in alcuni casi, dematerializzato il rapporto, eliminando per esempio la necessità della presenza fisica durante una visita e aprendo la possibilità di prestare servizi sanitari da remoto con l’utilizzo di app come Zoom o Google Meet. Fino ad oggi, dunque, abbiamo assistito prevalentemente al proliferare di app verticali pensate per svolgere al meglio una sola funzione, o per soddisfare un singolo use-case o una singola necessità deə utentə. App, insomma, che vivono intorno a un concetto semplice: raccogliere al loro interno quantə più utentə possibili per gestire milioni di dati personali e valorizzarli con la pubblicità, il marketing e la profilazione. Qual è allora una delle prossime sfide dell’eHealth? Tra le più interessanti c’è sicuramente quella delle Super App.

Di cosa si tratta?

Le Super App sono applicazioni mobili che offrono aə utentə una serie di servizi differenti, unendo le varie funzioni verticali tipiche delle app single use-case, all’interno della stessa applicazione. Nella sezione salute di una Super App l’utente può, per esempio, prenotare una visita specialistica, inviare il referto al proprio Medico di Medicina Generale, chiedere all’èquipe sanitaria il monitoraggio del percorso terapeutico o farmacologico, cercare o trovare informazioni sanitarie, chattare con altri utenti. Il tutto senza saltare da un’applicazione all’altra con un notevole miglioramento della propria user experience. Un piccolo assaggio delle potenzialità di una Super App è arrivato in Italia con la diffusione, dal 2020, di IO-l’app dei servizi pubblici – che ad oggi conta oltre 30 milioni di installazioni – con cui, attraverso un unico punto di accesso, è possibile interagire in modo semplice con i servizi pubblici locali e nazionali, direttamente dal proprio smartphone. In pratica con IO, ogni ente offre aə cittadinə i propri servizi in modo semplice e personalizzato, attraverso un’unica piattaforma, comune a tutte le amministrazioni. E sono già diverse le realtà locali, come Aziende Ospedaliere o Aziende Sanitarie Provinciali che, proprio su IO, offrono servizi di prenotazione di prestazioni assistenziali in regime SSN e ALP, consentono aə pazientə di ricevere il promemoria della prenotazione o di effettuare il pagamento della prestazione. In Italia, dunque, la sfida odierna è sviluppare modelli di Super App sempre più performanti ricreando vere e proprie città digitali dove si svolge la vita quotidiana deə utenti che spazia dall’acquisto di beni e servizi alla fruizione dell’assistenza sanitaria, al punto che siano gli stessi Clinici a usarla per mettersi in contatto con colleghə e Centri di ricerca dislocati in altre aree del globo per confrontarsi e scambiare esperienze, dati, studi scientifici e fare diagnosi complesse. In sostanza, l’obiettivo delle Super App sanitarie deve essere quello di generare un flusso di lavoro semplice e integrato per pazienti e fornitori creando un nuovo punto di incontro tra domanda e offerta. 

I vantaggi per ə pazienti

Con le Super App tutto si semplifica. Non occorre per esempio scaricare, installare e gestire una serie di applicazioni e caricare più volte i propri dati personali perché questi vengono automaticamente condivisi tra le varie funzionalità, proprio come accade quotidianamente con i nostri account Google. Diventa inoltre più facile intercettare strutture e presidi territoriali, rafforzare l’assistenza domiciliare e remota e ricevere informazioni sempre più mirate rispetto al proprio profilo sanitario. 

I benefici per le aziende fornitrici di prodotti e servizi

Per le aziende fornitrici di prodotti e servizi, le Super App offrono nuove possibilità di ricavi generati dalla pubblicità e dalla trasformazione dei dati in azioni di acquisto o di transazione economica. Sostituendo, inoltre, parte dell’assistenza healthcare “fisica” con quella digitale si ottimizzano risorse economiche e carico di lavoro per Centri Clinici e personale sanitario. 

Gli influencer sempre più health

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Nano, Health, Micro. La figura dell’influencer si sta  diversificando e connotando sempre di più. Anche nel settore sanitario stanno cominciando a emergere questi catalizzatori di attenzione un tempo sfruttati soprattutto nei settori B2C

Esplorare le possibilità legate alla costruzione di campagne di comunicazione sfruttando la figura degli influencer è un passo importante anche per il settore healthcare.

Secondo quanto riportato da un sondaggio del 2018, infatti, il 78% delle aziende si rivolge a questa figura per completare la propria strategia di comunicazione.

E se l’obiettivo non fosse vendere una borsa griffata, ma sensibilizzare su tematiche legate all’importanza dell’aderenza terapeutica o di un’alimentazione sana? Le nuove figure di professionisti che sul web sfruttano i social network per divulgare informazione a un pubblico sempre più ampio stanno aumentando.

Grazie al contributo di Biagio Oppi, delegato Emilia-Romagna per Ferpi e professore di Comunicazione d’Impresa all’Università di Bologna, cercheremo di scoprire in che modo questi “catalizzatori di attenzione” e influenzatori di pubblici sempre più specifici possono essere utilizzati per aumentare l’awareness del paziente e per incitarlo a condurre stili di vita corretti.

Da anni ormai si sente parlare della figura dell’influencer nelle campagne di comunicazione. A chi ci si riferisce, che caratteristiche dovrebbe rispettare?

Le Relazioni Pubbliche hanno teorizzato lungo tutto il corso del ‘900 il concetto di influenzatore che peraltro esisteva da sempre nelle comunità: nei manuali di relazioni Pubbliche abbiamo studiato come raggiungere gli influenzatori (definiti solitamente opinion leader) che poi avrebbero influenzato (teoria “Two Step Flow of Communication”) le masse o le nicchie di pubblici di nostro interesse. Con la rete e in particolare con i social network, le cose sono cambiate perché i pubblici interagiscono direttamente con gli stessi influencer che quindi hanno una relazione non solo top-down, ma anche di continuo interscambio. Coloro che oggi riescono per autorevolezza e carisma ad emergere e mantenere un ruolo di influenza, sono ancora più rilevanti per le campagne di comunicazione.

I nano influencer, definiti la ‘nuova professione del 2019’, sono diventate le principali figure al centro delle ricerche aziendale per le campagne marketing. Chi sono? Quale è la ragione per cui il marketing ha rivolto il suo interesse verso queste figure?

Il nano influencer è colui che ha un preciso ambito di influenza in una nicchia ben identificabile; probabilmente spesso non è nemmeno conosciuto al di fuori della comunità di interesse di cui è influencer. È molto rilevante (ed interessante quindi per marketing e relazioni pubbliche) perché la sua credibilità è molto elevata e non è basata sulla quantità (banalmente il numero di follower e di interazione con gli stessi) ma sulla qualità (intensità della relazione, livello dei contenuti).

Una curiosità… la prima grande campagna documentata con nano-influencer probabilmente è quella che riguardò i four-minutes men di cui il CPI (il Committee on Public Information) del Governo USA si servì per sostenere le scelte governative a favore della Prima Guerra Mondiale. Si calcola che per convincere gli americani a entrare in guerrra furono coinvolti oltre 75.000 four-minute men, addestrati ad essere estremamente stringati ed essenziali nel fare il loro discorso pro-intervento in cinema, teatri, luoghi pubblici: alcuni calcolano circa 7 milioni e mezzo di “mini-discorsi” che avrebbero coinvolto oltre centinaia di milioni di persone.

Quale è il profilo tipico dell’health influencer?

Un superesperto in grado di parlare con regolarità e competenza di temi sanitari e salute, con una community di follower di nostro interesse. Occorre fare un discorso molto differenziato da Paese a Paese. Ricordo che quando lavorai in Spagna, dal 2015 al 2016, le agenzie di comunicazione e relazioni pubbliche erano in grado di indicarmi almeno una ventina di health influencer molto rilevanti: tanto per capirci persone con pubblici superiori all’audience dei media di settore. In Italia solo da pochissimo si sono affermati alcuni health influencer e pochi sono in grado di raggiungere larghe audience.

Quali sono i principali influencer in questo ambito?

Roberto Burioni in primis, poi Salvo di Grazia (@MedBunker), ma per me sono importanti influencer anche Walter Ricciardi e Mario Melazzini. Tuttavia nell’ambito della salute, conviene davvero identificare le comunità di nostro interesse e quindi ad esempio mi focalizzerei molto sulle associazioni di pazienti e sui profili social che riescono a coagulare attorno a sé gruppi rilevanti di stakeholder nella patologia o sul tema di interesse. È all’interno dei gruppi di pazienti su Facebook che si creano dinamiche di informazione-influenza su temi di salute rilevantissimi; su Instagram oggi viene veicolata un importantissimo numero di informazioni sulla nutrizione – non sempre purtroppo in maniera corretta e responsabile.

Come le aziende farmaceutiche, i caregiver, i fornitori dei servizi per il paziente e i diversi attori del mondo sanitario possono impostare una campagna di comunicazione sfruttando la figura degli influencer?

Per fortuna ci troviamo in un settore fortemente regolato e, almeno in Italia e in Europa, è vietata una comunicazione incontrollata diretta ai pazienti. Gli influencer in sanità devono essere utilizzati per sensibilizzare a stili di vita corretti, per fare awareness sulle patologie e sui sintomi, per migliorare la comprensione di temi generali di interesse come possono essere i vaccini o l’utilizzo degli antibiotici, per dare visibilità a progetti e iniziative di advocacy. La comunicazione rivolta al paziente spetta però alla classe medica nei contesti adeguati. Come aziende dobbiamo impegnarci a restituire autorevolezza e credibilità a scienza e medicina, anche sensibilizzando il pubblico ad un utilizzo consapevole dell’informazione in sanità. In questo senso le aziende, ma anche le associazioni di professionisti della comunicazione, come Ferpi, possono svolgere un ruolo importante.