CHATGPT SI FA STRADA NEL COPYWRITING SCIENTIFICO

ChatGPT diventa autore scientifico

Tempo di lettura: 3 minuti

Quando gli chiedi chi è, lui risponde: «Sono un programma di intelligenza artificiale progettato per aiutare a rispondere a domande e fornire informazioni su una vasta gamma di argomenti. In qualità di AI, sono in grado di elaborare e analizzare grandi quantità di dati e posso fornire risposte a domande e domande sulla base delle informazioni su cui sono stato formato. Non ho sentimenti o preferenze personali e sono qui per fornire informazioni e assistenza al meglio delle mie capacità».

ChatGPT, acronimo di Chat Generative Pre-trained Transformer, è stato sviluppato da poco (a novembre 2022 da OpenAI e finanziato da Microsoft sulla base dell’infrastruttura cloud Azure) ma ha già conquistato un successo planetario. Il motivo? È attivabile gratuitamente su https://chat.openai.com e grazie alle sue solide basi di intelligenza artificiale e machine learning è stato addestrato su un’enorme quantità di materiali scientifici e tecnici. Tanto da suscitare l’attenzione del mondo accademico e non solo. ChatGPT, in qualità di chatbot, si esprime normalmente con il testo ed è in grado di fornire un livello di conversazione al pari di un umano, anzi di un fine intellettuale onnisciente. È capace di comprendere e intrattenere interazioni scritte anche molto complesse con gli utenti e sa scrivere abstract e articoli scientifici talmente verosimili da confondersi con gli autori più accreditati. Un vero e proprio copywriter artificiale che ha competenze di ricercatore, divulgatore, marketer e qualche altra decina di professionalità.

L’app scrive e firma articoli

La rivista infermieristica Nurse Education in Practice, pubblicata da Elsevier, ha introdotto ChatGPT tra i suoi autori, assegnandogli un’email e un numero identificativo. Con il suo ingresso in redazione, il chatbot ha firmato un articolo scritto a quattro mani con ə Prof. Siobhan O’Connor dell’Università canadese Western. Il testo, che si avvale del bagaglio di conoscenze di unə docente e del mix di competenze dell’apprendimento supervisionato e dell’apprendimento per rinforzo del chatbot, prende il titolo di Open artificial intelligence platforms in nursing education: tools for academic progress or abuse?. L’articolo, non a caso, tratta il tema dell’intelligenza artificiale nella formazione infermieristica, soffermandosi sull’annosa questione dell’AI come strumento di progresso accademico o come fonte di abusi e fakenews.

L’impatto sulla società

È vero, i risultanti sorprendenti delle ricerche condotte da ChatGPT hanno attirato l’attenzione della comunità scientifica per i possibili risvolti sulle pubblicazioni e anche la comunità finanziaria vede interessanti opportunità di investimento. Al punto che, nel 2019, Microsoft ha investito un miliardo di dollari in OpenAi e, secondo l’agenzia Bloomberg, sarebbe pronta a mettere altri 10 miliardi di dollari. Tuttavia gli esperti di AI invitano alla cautela, soprattutto in tema di disinformazione. Perché un aspetto distintivo di Chat GPT è proprio quello di presentare agli occhi dell’utente un testo corretto dal punto di vista sintattico, grammaticale e verosimile per quello che riguarda i contenuti, tanto da trarre facilmente in inganno i meno esperti. C’è poi da considerare che Chat GPT ha un dataset che si ferma al 2021 e che, quindi, è molto meno preciso sugli eventi accaduti a questa altezza cronologica. Inoltre il chatbot è in grado di generare testi sulla base di modelli assorbiti grazie a enormi quantità di dati raccolti dal web. Spesso, dunque, prima di ottenere il contenuto desiderato occorre procedere per prove ed errori. D’altronde è pur sempre un prototipo e gli sviluppatori stanno lavorando per migliorare l’autorevolezza dei contenuti tramite versioni del software più efficienti. Serviranno pertanto figure in grado di monitorare la performance dei modelli, insegnando loro dove stanno sbagliando e correggendone la rotta, cosicché questi algoritmi diventino un vero asset per le nostre società.

Uno strumento collaborativo per migliorare l’healthcare

I risultati ottenuti fino a questo momento lasciano ben sperare sul miglioramento dell’AI e di ChatGPT e sul loro impiego nell’healthcare. Ciò che occorre è la collaborazione da parte di accademici, clinici e professionisti sanitari. Queste figure possono infatti contribuire all’addestramento degli algoritmi di intelligenza artificiale rilevando e classificando determinati modelli di dati che riflettono il modo in cui il linguaggio viene effettivamente utilizzato nel settore sanitario. Tramite l’NLP (natural language processing, elaborazione del linguaggio naturale) gli algoritmi di AI possono isolare dati significativi restituendo informazioni professionali attendibili a pazienti e operatori sanitari con risposte personalizzate su larga scala. Cosa dobbiamo dunque aspettarci in un futuro non troppo lontano? Certamente l’IA sarà embeddata nella maggior parte dei servizi di produttività personale – come il pacchetto di Microsoft Office – e di utilizzo della rete e migliorerà la comunicazione tra uomo e macchina in molti campi di applicazione, incluso quello del copywriting scientifico. Va però riconosciuto che questi sistemi non potranno sostituire completamente la conoscenza umana che si avvale di molti altri modi e sensi per esprimersi e produrre: pensiamo al tone of voice e all’identità verbale che rende un contenuto o un brand unici e distintivi. L’abilità di utilizzo delle chatbot starà nell’avvalersene con perizia, verificandone l’apporto e subordinandolo ad attività, inclusa la scrittura di testi, che non richiedano empatia e approfondimento.

 

Il Metaverso si apre al primo avatar emofilico

The Nemesis_sul Metaverso il primo paziente con Emofilia

Tempo di lettura: 3 minuti

HELENE12: Perché sei fermo qui da giorni?

I_EM: Perché ho l’emofilia e dicono che non posso muovermi.

PAULINE_CC: Ed è vero?

I_EM: Sono gli altri che la pensano così.

HELENE12: Quindi non sei realmente bloccato?

I_EM: No, se vuoi ti spiego.

ROCKJACK: Volentieri. Andiamo a passeggiare intanto?

I_EM: Anche a correre, se vuoi!

Milioni di persone oggi vivono nel Metaverso, muovendosi, giocando, interagendo e sperimentando la libertà. Da qualche tempo questo spazio virtuale tridimensionale che si sovrappone al mondo fisico della vita reale, tramite la piattaforma The Nemesis ha aperto le porte a I_EM. Parliamo del primo avatar con emofilia che, inizialmente bloccato dalle paure degli altri, comincia a muoversi, interagire e farsi conoscere dai suoi coetanei ribaltando, attraverso la libertà virtuale, un pregiudizio reale. L’iniziativa di inclusione di I_EM è frutto di un progetto di comunicazione sociale, promosso e realizzato dall’agenzia BB&C Group con la collaborazione delle associazioni di pazienti Fondazione Paracelso e A.C.E. Milano. Grazie a questo progetto il mondo health si cala virtualmente nei panni di chi è affetto da una malattia rara come l’emofilia, caratterizzata dalla carenza di uno specifico fattore della coagulazione. Si tratta di un esperimento che amplia il raggio di innovazione tecnologica della medicina, dove già da tempo si adottano soluzioni basate su realtà virtuale, realtà aumentata e intelligenza artificiale. Facciamo qualche esempio. I nuovi sistemi tecnologici consentono, per esempio, di effettuare terapie fisiche, trattare lo stress post-traumatico legato a una patologia oppure offrire un approccio personalizzato. In questo modo vengono garantiti un recupero più efficace e una personalizzazione del supporto, dell’assistenza e del monitoraggio a pazienti e caregiver. Con The Nemesis e il Metaverso tutti questi strumenti rafforzano la loro carica comunicativa diventando immediati e utilizzabili da tutti. Perché? Si abbattono le barriere d’ingresso. Per connettersi bastano infatti uno smartphone, un pc e un collegamento internet, mentre il visore è necessario solo per chi desidera un’esperienza ancora più immersiva.

Oltre il pregiudizio

Il Metaverso di The Nemesis ci fa comprendere quanto il settore salute sia interessato a dare visibilità e collocare nella giusta prospettiva le malattie rare e, nel caso specifico, l’emofilia. L’iniziale immobilità e assenza di interazione di I_EM è una voluta provocazione nei confronti deə altrə, in questo caso avatar, a conoscere le reali implicazioni e le concrete possibilità di unə emofilicə, che è in grado di stabilire relazioni e vivere esperienze. La clip che lancia I_EM e invita a incontrarlo su The Nemesis recita: «godersi la vita è possibile per chi oggi ha l’emofilia», esortando la comunità reale e virtuale a «muoversi assieme oltre i pregiudizi». Sappiamo infatti quanto sia importante per ə pazienti e per i loro familiari portare l’attenzione sul tema coinvolgendo non solo la comunità scientifica. Per far acquisire consapevolezza su cosa significhi essere emofilici occorre sensibilizzare la società e in particolare il pubblico più giovane stimolando la curiosità con gli strumenti e i canali più consoni (i social network, la rete e il gaming). Tramite I_EM si tenta dunque di dare risposte concrete a domande complesse. Cosa significa per un ragazzo essere affetto da emofilia? Come affronta il mondo e il rapporto con i suoi coetanei?

Il ruolo dell’healthcare

L’emofilia inficia la corretta coagulazione del sangue, ma non la libertà delle persone che ne sono affette. Ecco perché è importante analizzarne i bisogni e offrire soluzioni che consentano di sviluppare una maggiore consapevolezza e accettazione della propria malattia. L’approccio scientifico multidisciplinare da dedicare alle persone affette da malattie rare come l’emofilia dovrebbe offrire tutta una serie servizi. Parliamo di servizi informativi, di counselling, di risoluzione delle criticità e di sostegno psicologico. Chi vive sulla propria pelle il burden of disease e chi, come i familiari, vive di riflesso la patologia, ha bisogno di superare tante difficoltà durante tutto il percorso di cura. Ecco perché occorre anzitutto analizzare i bisogni. Ciò permette il design di progetti che garantiscono aə pazientə risposte concrete sul percorso da intraprendere per ottenere la diagnosi corretta, la terapia appropriata e la continuità assistenziale. In questo modo si rafforza il concetto di cura globale che coinvolge strutture, centri, specialisti, territorio e associazioni di pazienti.  

Super App per una nuova user experience in ambito health

Tempo di lettura: 3 minuti

L’healthcare è un sistema complesso composto da centinaia di interazioni e variabili. Con l’aiuto della tecnologia molte delle attività svolte all’interno di questo articolato sistema salute si sono digitalizzate ed evolute. Da un lato, dunque, il rapporto medicə-paziente si è adattato alle nuove grammatiche comportamentali imposte dalle tecnologie digitali, come per esempio Whatsapp, che attraverso la disintermediazione della relazione ha consentito aə pazientə di rivolgersi direttamente aə medicə. Dall’altro lato, la digitalizzazione del comparto medico-sanitario ha, in alcuni casi, dematerializzato il rapporto, eliminando per esempio la necessità della presenza fisica durante una visita e aprendo la possibilità di prestare servizi sanitari da remoto con l’utilizzo di app come Zoom o Google Meet. Fino ad oggi, dunque, abbiamo assistito prevalentemente al proliferare di app verticali pensate per svolgere al meglio una sola funzione, o per soddisfare un singolo use-case o una singola necessità deə utentə. App, insomma, che vivono intorno a un concetto semplice: raccogliere al loro interno quantə più utentə possibili per gestire milioni di dati personali e valorizzarli con la pubblicità, il marketing e la profilazione. Qual è allora una delle prossime sfide dell’eHealth? Tra le più interessanti c’è sicuramente quella delle Super App.

Di cosa si tratta?

Le Super App sono applicazioni mobili che offrono aə utentə una serie di servizi differenti, unendo le varie funzioni verticali tipiche delle app single use-case, all’interno della stessa applicazione. Nella sezione salute di una Super App l’utente può, per esempio, prenotare una visita specialistica, inviare il referto al proprio Medico di Medicina Generale, chiedere all’èquipe sanitaria il monitoraggio del percorso terapeutico o farmacologico, cercare o trovare informazioni sanitarie, chattare con altri utenti. Il tutto senza saltare da un’applicazione all’altra con un notevole miglioramento della propria user experience. Un piccolo assaggio delle potenzialità di una Super App è arrivato in Italia con la diffusione, dal 2020, di IO-l’app dei servizi pubblici – che ad oggi conta oltre 30 milioni di installazioni – con cui, attraverso un unico punto di accesso, è possibile interagire in modo semplice con i servizi pubblici locali e nazionali, direttamente dal proprio smartphone. In pratica con IO, ogni ente offre aə cittadinə i propri servizi in modo semplice e personalizzato, attraverso un’unica piattaforma, comune a tutte le amministrazioni. E sono già diverse le realtà locali, come Aziende Ospedaliere o Aziende Sanitarie Provinciali che, proprio su IO, offrono servizi di prenotazione di prestazioni assistenziali in regime SSN e ALP, consentono aə pazientə di ricevere il promemoria della prenotazione o di effettuare il pagamento della prestazione. In Italia, dunque, la sfida odierna è sviluppare modelli di Super App sempre più performanti ricreando vere e proprie città digitali dove si svolge la vita quotidiana deə utenti che spazia dall’acquisto di beni e servizi alla fruizione dell’assistenza sanitaria, al punto che siano gli stessi Clinici a usarla per mettersi in contatto con colleghə e Centri di ricerca dislocati in altre aree del globo per confrontarsi e scambiare esperienze, dati, studi scientifici e fare diagnosi complesse. In sostanza, l’obiettivo delle Super App sanitarie deve essere quello di generare un flusso di lavoro semplice e integrato per pazienti e fornitori creando un nuovo punto di incontro tra domanda e offerta. 

I vantaggi per ə pazienti

Con le Super App tutto si semplifica. Non occorre per esempio scaricare, installare e gestire una serie di applicazioni e caricare più volte i propri dati personali perché questi vengono automaticamente condivisi tra le varie funzionalità, proprio come accade quotidianamente con i nostri account Google. Diventa inoltre più facile intercettare strutture e presidi territoriali, rafforzare l’assistenza domiciliare e remota e ricevere informazioni sempre più mirate rispetto al proprio profilo sanitario. 

I benefici per le aziende fornitrici di prodotti e servizi

Per le aziende fornitrici di prodotti e servizi, le Super App offrono nuove possibilità di ricavi generati dalla pubblicità e dalla trasformazione dei dati in azioni di acquisto o di transazione economica. Sostituendo, inoltre, parte dell’assistenza healthcare “fisica” con quella digitale si ottimizzano risorse economiche e carico di lavoro per Centri Clinici e personale sanitario. 

L’Healthcare si evolve con la Voice search

Tempo di lettura: 3 minuti

Parlare invece di digitare: le persone interagiscono in modo sempre più naturale con la tecnologia instaurando vere e proprie conversazioni con i dispositivi mobili (speaker e altri device smart) che rendono la comunicazione bilaterale; in sostanza chi effettua la ricerca pone la domanda e la macchina dà la risposta. Ciò accade nella vita di tutti i giorni e in particolare quando si ha bisogno di assistenza sanitaria o si cercano informazioni e supporto in ambito salute.

Un’analisi condotta da Google ha evidenziato le principali ragioni per cui le persone utilizzano il loro assistente virtuale:

  • Permette il multitasking
  • Consente di fare le cose più velocemente
  • Fa ottenere istantaneamente risposte e informazioni
  • Semplifica la routine quotidiana

Recenti dati pubblicati dalla piattaforma Chatmeter hanno calcolato che negli ultimi anni 19,1 milioni di persone si sono rivolte ai propri assistenti vocali per questioni sanitarie. Il più grande caso d’uso dell’assistente vocale segnalato per l’assistenza sanitaria nel 2019 è stato quello di chiedere informazioni sui sintomi della malattia (72,9%). Le persone hanno anche utilizzato assistenti vocali per avere informazioni mediche (45,9%), trovare l’ubicazione di un fornitore di servizi sanitari (37,7%), ricercare opzioni di trattamento (37,7%), ottenere informazioni nutrizionali (29,4%) e trovare un medico o un altro fornitore (28,2%). I consumatori, di tutte le età e di ogni genere, hanno dichiarato di sentirsi a proprio agio nell’uso degli assistenti vocali soprattutto per l’ampia varietà di argomenti trattati in ambito health.

L’obiettivo: rendere le pharma digitalmente evolute

La Voice Search si inserisce nel segmento del pharma digitalmente evoluto che prevede un approccio integrato, sempre più human-centered e sostenuto da tecnologie e piattaforme innovative e interattive. La consumerizzazione della sanità vede le persone con un ruolo più attivo nella ricerca, nella scelta e nel controllo delle proprie cure mediche: ciò richiede una costruzione di una strategia healthcare multicanale che presidi il maggior numero di touchpoint possibili.

Come funziona?

Dialogando con le VUI (Voice User Interface) con cui si è connessi – da Alexa a Cortana passando per Siri, Amazon Echo, Google Voice Search, Google Home – si inviano degli input vocali di richiesta (note in gergo come query) che la tecnologia interpreta e restituisce con i relativi risultati, anche questi vocali. È grazie ai potenti sistemi di intelligenza artificiale che i dispositivi, una volta ricevuta la query, restituiscono i risultati analizzando la grande mole di dati posizionata su un cloud connesso a internet.

Tale modifica nel comportamento di ricerca degli utenti influenza lo sviluppo degli algoritmi e ha conseguenze sulla SEO. Ecco perché durante il processo di ottimizzazione dei siti web per i motori di ricerca va presa in considerazione fin da subito la ricerca vocale (Voice Search) seguendo le linee guida della VEO (Voice Engine Optimization) e della VSO, (Voice Search Optimization), nuovi paradigmi complementari alla SEO. L’obiettivo è offrire alle persone la miglior esperienza conversazionale e di permettere alle pagine web e ai contenuti di posizionarsi nei cosiddetti VERSO (Vocal Engine Result Search Output): i risultati offerti dai dispositivi di Voice Search che corrispondono alle SERP (Search Engine Results Pages) ovvero le pagine dei risultati del motore di ricerca. È così che la Vocal Search favorisce il contatto con il brand e le conversioni.

In che modo un brand healthcare può ottenere traffico dalle ricerche vocali?

La strategia da seguire è l’ottimizzazione del motore di ricerca vocale VEO per raggiungere il maggior numero di pazienti tramite la voce. Rispetto alla SEO tradizionale, la Vocal Search richiede strategie e tecniche di posizionamento diverse e complementari. Occorre pertanto ottimizzare anzitutto gli aspetti tecnici del sito web con i Web Core Vitals, gli indicatori di performance che influiscono sull’indicizzazione dei risultati intercettando le richieste vocali. Per assicurarsi poi che il brand, l’ospedale, lo specialista o la farmacia sia elencato tra i risultati di ricerca è necessario curare l’online business profile fornendo all’utenza una serie di informazioni quali il nome dell’attività, l’indirizzo, i recapiti, il sito web, la categoria e la descrizione dell’attività e dei prodotti. Anche interagire con i pazienti rispondendo a domande e recensioni migliora il ranking e fa guadagnare classifiche più alte.

Parole chiave e strategia fluida nell’ottica dell’assistenza sanitaria di prossimità

La struttura dei siti, delle informazioni e la strategia di inserimento dei contenuti vanno pensati in maniera fluida per rispondere a domande sempre più articolate e meno circoscritte, artificiali e robotiche. Le ricerche vocali si basano su long-tail keyword e frasi più simili al linguaggio parlato con forme verbali in prima persona. Un esempio? I pazienti non cercano più “cura emofilia” ma “come posso curare l’emofilia?”. Le query vocali impiegano question words (cosa, dove, come, quanto, quale e quando) e le ricerche locali sono contraddistinte da espressioni del tipo: qui vicino, vicino a me, nei pressi di, in zona, che permettono ai pazienti di trovare nell’area geografica a loro più comoda il nuovo medico curante piuttosto che l’operatore sanitario o il centro clinico più vicino.

Dispositivi indossabili & healthcare

Tempo di lettura: 2 minuti

Negli ultimi anni, la tecnologia indossabile (wearable) ha ricevuto una grande attenzione sia dall’industria farmaceutica che dai pazienti, portando a un incredibile aumento dell’interesse, decine di migliaia di nuovi brevetti depositati, centinaia di nuove aziende, migliaia di prodotti.

Questo tipo di tecnologia è diventata molto specializzata e differenziata al punto da prevedere una vasta gamma di prodotti, come ad esempio dispositivi da polso (orologi intelligenti, braccialetti), per la testa (occhiali intelligenti, cuffie), ornamentali (gioielli intelligenti, anelli e catene), e-textiles (indumenti intelligenti, t-shirt e abiti), e-patches (patch sensore e e-tatoo), per lo sport e fitness (sensori indossabili intelligenti, braccialetti intelligenti), ecc.

Dispositivi indossabili nel mondo healthcare

La tecnologia indossabile, anche quando nata per il mercato consumer, non ci ha messo molto a raggiungere il campo sanitario. In alcuni casi  è stata in grado di far evolvere il rapporto medico-paziente, proponendo un nuovo modo di affrontare la terapia e per raccogliere con frequenza importanti biomarcatori diversamente relegati ai controlli periodici di terapia.

Questi dispositivi sono stati anche di aiuto durante la pandemia COVID-19, permettendo il monitoraggio, la telemedicina e la salute digitale, cosa che ha aumentato la conoscenza e la familiarità a questo tipo di tecnologie da parte del grande pubblico.

A causa della rilevanza che questi dispositivi stanno avendo e la loro diffusione tra la popolazione, gli esperti in materia sono impegnati in ricerche per definire i criteri di qualità, controllo e certificazione necessari per ottenere i massimi benefici per gli utenti e i pazienti e dati affidabili.

Imprecisione nei wereable

Poiché le tecnologie indossabili sono sempre più utilizzate per la ricerca clinica e l’assistenza sanitaria, è fondamentale comprendere la loro accuratezza e determinare come gli errori di misurazione possano influenzare le conclusioni della ricerca e incidere sul processo decisionale in ambito sanitario. L’accuratezza delle tecnologie indossabili costituisce un argomento molto dibattuto

Questo ha a che fare con gli algoritmi di raccolta e analisi dei dati utilizzati nelle versioni precedenti di alcuni di questi dispositivi, che, a causa della interpretazione dei diversi toni della pelle, sensori di movimento imprecisi o segnali mal interpretati, tendevano a mostrare risultati distorti o non accurati.

Attualmente, le aziende di tecnologie indossabili sono responsabili della valutazione e della segnalazione dell’accuratezza dei loro prodotti, ma poca informazione sui metodi di valutazione è resa pubblica.

Un approccio più specifico ai PSP attraverso i dispositivi indossabili.

Importanti servizi a valore aggiunto come le terapie digitali, il monitoraggio remoto, la raccolta di biomarcatori stanno emergendo, di conseguenza, i fornitori di servizi tradizionali e l’industria pharma stanno vedendo crescenti opportunità nell’adattarsi ai modelli futuri per la fornitura di servizi di supporto al paziente che integrino anche queste componenti.

I programmi di supporto per i pazienti che promuovono servizi “oltre la pillola”, personalizzati in base al profilo di un farmaco o dispositivo medico dato a un paziente, sono molto in linea con i wearable, permettendo di affrontare i problemi che i pazienti sperimentano dopo una diagnosi rendendo il trattamento ottimizzato.

La tecnologia indossabile ha il potenziale per fornire servizi che aiutano a migliorare la qualità di vita dei pazienti e generare insight basati sui dati raccolti.

PNRR: gli investimenti in telemedicina

telemedicina

Tempo di lettura: 3 minuti

Miliardi di euro verranno stanziati per attività di telemedicina, in risposta a criticità che da tempo caratterizzano la sanità italiana e che la pandemia da Covid-19 ha messo in luce: in particolare, difficoltà nell’assistere i pazienti al di fuori dell’ospedale, a causa di problemi organizzativi e di organico.

Telemedicina e Fascicolo sanitario elettronico

Con un investimento di 4 miliardi di euro dal PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza), l’Italia cerca di implementare servizi nel campo dell’assistenza domiciliare, ponendosi l’obiettivo di arrivare a prendere in carico al domicilio, entro la metà del 2026, il 10% della popolazione over 65.

Grazie a una serie di provvedimenti normativi, il nostro paese ha iniziato a muoversi in questo senso e, con gli investimenti previsti, ci si avvicina sempre più all’obiettivo di coordinare servizi sanitari e sociali in grado di accompagnare il paziente verso la piena autonomia e indipendenza presso la propria abitazione.

Tra gli strumenti presi in considerazione per assistere le persone a casa rilevante è la telemedicina. Con 1 miliardo destinato a questo settore, il progetto prevede la presenza, presso ogni Asl, di strumenti informatici che rilevino dati clinici in tempo reale. Oltre a questo, sul territorio saranno presenti 602 centrali operative necessarie per coordinare i diversi servizi domiciliari.

Fondamentale in questo contesto è garantire un corretto e continuo scambio di informazioni e dunque disporre di un sistema unico in cui vengano inseriti tutti i dati del paziente. Il Fascicolo sanitario elettronico dovrebbe rispondere da anni a questa esigenza, permettendo a pazienti e professionisti di conoscere la storia clinica del malato ma i dati di adozione e utilizzo ci mostrano una realtà molto diversa con alcune regioni dove è parte costante del percorso di salute e altre in cui è rimasto una sigla su carta.

La digitalizzazione dei processi, l’accesso a un archivio centrale di documenti e dati dei pazienti, forniscono dunque una serie di opportunità per chi offre servizi di assistenza domiciliare al paziente, come i PSP. In questo contesto, infatti, diventa rilevante il ruolo di realtà dotate di tecnologie avanzate e, al tempo stesso, presenti sul territorio: un paziente in telemonitoraggio potrebbe, ad esempio, avere bisogno di terapia domiciliare avanzata o altra assistenza specialistica. Aziende provider di programmi di supporto possono offrire questo servizio, collaborando con le ASL e fornendo loro le informazioni raccolte durante il PSP, come referti o monitoraggi, digitalmente in modo da poter arrivare ad arricchire e rendere un utile strumento di salute il Fascicolo sanitario elettronico.

Aziende Pharma: cosa ne pensano?

Diverse aziende Pharma si sono espresse rispetto al tema della telemedicina, concordando sull’importanza di adottare nuove misure volte a promuovere l’assistenza domiciliare attraverso la tecnologia.

Ne è convinto il country president e amministratore delegato di Novartis Italia, Pasquale Frega: l’Italia è in ritardo rispetto ad altri Paesi occidentali ma la domanda sempre più crescente di assistenza e gli investimenti dal Pnrr fanno ben sperare. Proprio Novartis sta cercando di lavorare affinché avvenga una vera e propria trasformazione digitale che, dalla diagnosi al percorso di cura, sia in grado di supportare il paziente affinché possa accedere a cure personalizzate.

Della stessa idea è Novo Nordisk che ha evidenziato dati promettenti su pazienti diabetici: secondo un lavoro pubblicato a inizio 2020 da Timpel e colleghi, la telemedicina può infatti migliorare gli outcome clinici nei pazienti con diabete di tipo 1 e 2. I benefici, già evidenziati prima della pandemia da Covid-19, sono stati confermati dal difficile contesto in cui viviamo da un anno e mezzo, per cui riuscire a trattare il paziente da remoto riduce anche il rischio di contagio, particolarmente importante per una popolazione più a rischio.

Le possibilità che la telemedicina offre sono evidentemente numerose e a pensarlo è anche Francesco Gabbrielli, direttore del Centro nazionale per la telemedicina e le nuove tecnologie assistenziali dell’Istituto superiore di sanità: partire dalle reali esigenze di pazienti e professionisti è cruciale per creare modelli di riferimento coerenti che non si limitino alla semplice distribuzione di computer e dispositivi digitali a sanitari e pazienti ma si preoccupino di costruire un’architettura che sia funzionale per rispondere ai loro bisogni.

Dunque, grazie ai recenti stimoli economici e normativi, la progettazione di percorsi digitali di supporto al paziente trarrà grandi vantaggi. In particolare, la cooperazione tra partner privati, player dell’industria Pharma e pubblico permetterà il raggiungimento di migliori risultati clinici, rendendo prima possibile lo scambio di dati, poi l’analisi delle grandi mole di dati raccolti e contribuendo a una migliore esperienza del paziente nel proprio percorso di salute e cura.

 

Gli assessment di sicurezza informatica e l’impatto sulla protezione dei dati

Assesment di sicurezza

Tempo di lettura: 3 minuti

L’assessment di sicurezza informatica è il processo di definizione, identificazione, classificazione e prioritizzazione delle vulnerabilità nei sistemi informatici, nelle applicazioni e nelle infrastrutture di rete. Consiste in un approccio ragionato che prevede indagini non limitate all’aspetto tecnologico ma riguardanti l’interno dell’organizzazione, anche in relazione a processi e risorse.

Il suo ruolo è cruciale per garantire una valutazione di conformità di quanto implementato e sviluppato, rispettando i criteri che le leggi vigenti, le norme volontarie e gli schemi tecnici hanno definito e che l’organizzazione ha deciso di fare proprie.

Tutto questo è necessario per far sì che la sicurezza delle informazioni, gestite in un PSP digitale o in uno tradizionale attraverso una piattaforma CRM, sia quanto più possibile tutelata. Le perdite globali dovute alla criminalità informatica sono infatti molto significative, specialmente nell’ultimo anno e mezzo, dove i cambiamenti conseguenti alla pandemia hanno fatto sì che si aprissero nuove opportunità per gli attaccanti, per colpire utenti e aziende.

Sicurezza informatica: alcuni dati

Secondo il rapporto pubblicato dal Center for Strategic and International Studies e dalla società di sicurezza informatica McAfee, la crisi da Covid-19 ha fatto sì che moltissime truffe venissero attuate, sfruttando le paure dei consumatori e delle imprese, facendo leva anche sulle conseguenze organizzative dell’adozione massiva  dello smart working.

Quello che accade, si legge nel rapporto, è che il panorama delle minacce negli ultimi due anni è cambiato: i criminali non prendono più di mira solo i dispositivi o utenti specifici ma intere organizzazioni, andando a danneggiare sia ecnomicamente che dal punto di vista reputazionale l’azienda stessa – attraverso una forma di riscatto – e, spesso, causando un’interruzione del normale flusso di lavoro.

Ma quali sono le ragioni che portano ad attacchi informatici e come possono essere classificati? Secondo il Data Breach Investigations Report del 2020 realizzato da Verizon, l’86% delle violazioni sono state fatte per motivi finanziari, il 10% invece per attività di spionaggio. E ancora, il 17% riguarda malware e il 22% il pishing, ovvero il tentativo di impadronirsi illegalmente dei dati personali di un utente, e di altre utili informazioni, generalmente al fine di derubarlo o di impossessarsi della sua identità.

Secondo uno studio pubblicato da Accenture, il 68% dei business leader, ritiene che i rischi correlati alla cybersecurity stiano aumentando e che di conseguenza siano necessarie attività volte a tutelare in maniera efficace le organizzazioni e i dati, in particolare nel mondo healthcare.

Nel settore sanitario, infatti, ad essere esposti a possibili attacchi informatici sono informazioni estremamente delicate, come quelle dei pazienti, per cui le regole da rispettare e gli standard di conformità sono complessi e articolati. Nel rapporto provider – cliente, infatti, sono numerosi gli audit richiesti per verificare che i processi e le tecnologie  seguano le misure necessarie per garantire la sicurezza delle informazioni gestite dalle piattaforme di supporto.

Come verificare la sicurezza delle informazioni?

Tra i gli approcci più consolidati c’è sicuramente il penetration test, che ha lo scopo di testare un sistema andando a simulare dei veri e propri attacchi informatici perpetrati da un avversario, e il vunerability assessment che invece ha lo scopo di valutare le vulnerabilità presenti senza tentare di sfruttarle. In modo analogo è possibile analizzare la sicurezza fisica degli uffici e degli impianti o la resistenza agli attacchi di ingegneria sociale delle persone o dei processi.

Dunque, per mantenere costante la protezione dei dati e poter dimostrare diligenza e accountability, anche in base a quanto previsto dal GDPR, è fondamentale svolgere regolarmente gli assessment di sicurezza informatica e, se questo è vero in generale, lo è ancora di più quando si parla di piattaforme CRM che trattano dati healthcare.

 

Dati: un’opportunità per il mondo healthcare

dati

Tempo di lettura: 3 minuti

I dati hanno modificato in modo sostanziale il modo in cui le imprese gestiscono, analizzano e utilizzano le informazioni. Il settore sanitario può trarne importanti benefici: garantendo migliori outcome ai pazienti, riducendo i costi legati alle prestazioni sanitarie e, più in generale, migliorando la qualità della vita delle persone.

Sebbene la lista dei benefici sia lunga, è necessario tenere conto di un aspetto fondamentale: la privacy.

Il ciclo di vita del dato

Il dato ha un proprio ciclo di vita e determinarlo è una delle prime attività da compiere in fase di progettazione.

Dal punto di vista progettuale, si possono individuare quattro fasi: prima fra tutte la data collection phase, ovvero il momento in cui i dati vengono raccolti da differenti fonti, in diversi formati; a seguire il dato viene immagazzinato (data storage phase) e preparato per essere utilizzato nelle fasi successive, in cui vengono svolte analisi per generare informazioni utilizzabili (data analytics phase) dai decision maker, che possono dunque studiare piani di azione adeguati (knowledge creation phase). In questo contesto, uno strumento fondamentale nel processo di decision making risultano essere le dashboard proprio perché forniscono ai diversi stakeholders i dati in un formato intuitivo, migliorando in questo modo la comunicazione e la collaborazione tra i diversi attori.

Ognuna delle fasi analizzate deve sottostare a specifici standard di qualità e sicurezza, per garantire che i dati raccolti provengano da fonti certe, siano controllati secondo i livelli qualitativi previsti e siano protetti da usi non consentiti o veri e propri atti criminali.

Dati nell’healthcare: le fonti

Determinato il ciclo di vita del dato, quali sono le fonti da cui reperire le informazioni, in sanità?

Il mondo dell’healthcare, seguendo la scia degli altri settori, è diventato sempre più digitale, entrando quindi nel meccanismo secondo cui qualsiasi attività svolta dall’utente online lascia una traccia: il dato.. Qualche esempio: il numero di appuntamenti registrati nei servizi di prenotazione pubblici e privati evidenzia quanto i pazienti abbiano bisogno di determinate prestazioni e come sia cambiato il mix tra quelle erogate in presenza e quelle in modalità remota, le applicazioni per smartphone registrano l’attività fisica e sportiva del singolo individuo o i battiti cardiaci e la memorizzano nei relativi servizi cloud; e ancora, il monitoraggio da remoto, collegato alla telemedicina, permette di collezionare dati e analizzarli insieme al proprio medico, senza necessariamente recarsi presso il centro clinico.

L’altra faccia della medaglia: anonimizzazione e pseudoanimizzazione del dato

Sono ormai evidenti i benefici che si possono trarre da una vasta quantità di dati, tuttavia è necessario garantire alcuni standard di sicurezza per tutelare la privacy degli utenti.

L’attuale normativa europea e le opinioni dei gruppi di lavoro definiscono se e quando un data set può considerarsi anonimo e quali sono vari i fattori da tenere in considerazione, tra cui la metodologia di anonimizzazione e il contesto in cui questa viene fatta.

Nel gergo anglofono si parla spesso genericamente di de-identification, intendendo sostanzialmente tutto lo spettro dei metodi disponibili: la pseudonimizzazione e l’anonimizzazione ma nel contesto europeo le differenze sono rilevanti. Con pseudonimizzazione si intende il trattamento dei dati personali in modo tale che non sia più possibile ricondurre tali dati a un interessato specifico, senza l’utilizzo di informazioni aggiuntive (a condizione che tali informazioni aggiuntive siano conservate separatamente e soggette a misure tecniche e organizzative intese a garantire che tali dati personali non siano attribuiti a una persona fisica identificata o identificabile). L’anonimizzazione è invece un processo mediante il quale i dati personali vengono modificati in modo irreversibile così che il titolare del trattamento non possa più identificare direttamente o indirettamente l’interessato.

Per garantire una corretta e sicura gestione del dato, il GDPR richiede a chi gestisce e tratta le informazioni di implementare misure tecniche e organizzative volte a ridurre il più possibile i rischi. Tra queste la anonimizzazione è sicuramente, quando possibile, la modalità di azione più robusta in quanto i dati risultanti non sono più da considerarsi dati personali e quindi soggetti alla protezione del GDPR. Dall’altra parte la pseudonimizzazione è prevalentemente una misura di mitigazione del rischio di trattamento e minimizzazione dei dati trattati.

Come discusso, le opportunità che i dati offrono al mondo dell’healthcare sono pressoché infinite:  nella ricerca, possono essere utilizzati per promuovere la sanità pubblica, accrescere conoscenze scientifiche, sviluppare farmaci o device o, in fase successiva, monitorare la sicurezza di un farmaco o device, dopo l’immissione in commercio. O ancora possono essere utilizzati per migliorare l’efficacia dell’informazione medico scientifica o dei contenuti studiati per consumatori e pazienti.

Gli esempi sono tanti, così come gli ostacoli che a volte rallentano il processo di raccolta e analisi dei dati, a causa di problemi tecnici di interoperabilità o legati alle necessarie tutele e adempimenti privacy. Tuttavia la cooperazione di attori con forti competenze di privacy, data management, compliance e tecnologia può permettere il superamento di tali criticità, dando al settore healthcare la possibilità di studiare strategie di successo a partire dal real world.

 

Approccio Data Driven: le dashboard per comprendere i dati healthcare

Dashboard

Tempo di lettura: 3 minuti

Un approccio data-driven è fondamentale per la definizione della migliore proposta di valore per i diversi stakeholder del settore sanitario. L’analisi dei dati ottenuti durante tutto il patient journey è diventata parte integrante dell’attività quotidiana della maggior parte dei professionisti healthcare. Una volta raccolte le informazioni dalle numerose fonti e dai database disponibili, per riuscire a decifrarle al meglio, in un’ottica sia di monitoraggio che di implementazione di nuove soluzioni, è imprescindibile averne una codifica visiva essenziale e facilmente comprensibile.

Le dashboard, quali rappresentazioni visive di dati create algoritmicamente, mostrano, con un’estetica essenziale e di immediata comprensione, una numerosa mole di informazioni. Aggiornabili in modo facile e veloce, le dashboard generano dei report dettagliati che consentono di monitorare KPI e trend identificando correlazioni e outliers. Inoltre, permettono di delineare delle strategie data-based con una visione d’insieme, istantanea e integrata, dei diversi sistemi.

Esistono differenti tipologie di dashboard che possono essere classificate sulla base di due variabili: da un lato il numero di interazioni necessarie da parte dell’utente per provare varie combinazioni, (capire il fenomeno e formulare nuove ipotesi), dall’altro la determinabilità a priori che la dashboard offre e che definisce con quale precisione e puntualità un utente può dedurre i risultati, i processi e le informazioni necessarie per la sua attività.

Sulla base di questi fattori, le dashboard si possono dividere tra quelle che offrono principalmente un supporto decisionale, quelle che permettono un’esplorazione dei dataset, quelle che consentono un monitoraggio dei trend e le operational che consentono di verificare lo status dei diversi KPI.

Finalità e impatto nei sistemi healthcare

Nell’ultimo anno la richiesta di dashboard in ambito sanitario è cresciuta in modo esponenziale.

Da strumento prevalentemente usato dagli specialisti del settore, è stato ampiamente fruito anche dalla popolazione stessa soprattutto per seguire l’andamento della pandemia da covid-19. Questi mesi hanno mostrato le ampie potenzialità delle dashboard nella puntuale e veloce codifica visiva di dati raccolti worldwide facilitando una comprensione globale di un fenomeno estremamente variabile quale quello di una pandemia.

In ambito sanitario, infatti, le dashboard rappresentano uno strumento fondamentale nel processo di decision making perché forniscono ai diversi healthcare provider i dati in un formato intuitivo che consente di tenere traccia del valore creato sia per i pazienti che per gli Specialisti del settore.  Migliorano la collaborazione e la comunicazione tra i diversi attori, consentendo una più puntuale rendicontazione e una maggiore trasparenza.

In questo modo contribuiscono anche al perfezionamento della qualità dei servizi, all’incremento della soddisfazione dei pazienti e degli Health Outcome, nonché a una riduzione complessiva dei costi dettata in modo particolare dall’incremento dell’efficienza delle soluzioni proposte.

Inoltre, esistono prove a sostegno dell’ipotesi che l’implementazione di dashboard cliniche, le quali forniscono accesso immediato alle informazioni ai diversi professionisti del settore, può migliorare l’aderenza alle quality guidelines. Tuttavia, è necessario condurre ulteriori studi per verificare la loro efficacia e stabilire specifiche linee guida per la loro progettazione.

Aderenza terapeutica ed engagement: il contributo delle dashboard

Il Settore Sanitario negli anni ha incrementato notevolmente l’utilizzo delle dashboard. Tra queste ce ne sono alcune che presentano l’andamento dell’obesità, della mortalità legata alle diverse patologie, dell’aspettativa di vita e della fiducia riposta dalle persone negli Specialisti del proprio Paese.

Un aspetto interessante da considerare è che alcune sono disponibili anche su dispositivo mobile. Su molti smartphone, infatti, all’acquisto è già installata un’applicazione in cui sono integrati e analizzati tutti i dati registrati dal telefono e dai wearable ad esso collegati. Questo tipo di applicazioni mettono insieme le informazioni sull’attività fisica, il battito cardiaco, i cicli del sonno e dello stress della persona.

Ciò dimostra le potenzialità che simili strumenti hanno per integrare, visualizzare e analizzare dati provenienti da fonti diverse. Tali funzionalità possono essere applicate anche al mondo healthcare con particolare attenzione al monitoraggio dell’aderenza terapeutica e all’incremento dell’engagement e dell’awareness del paziente. È il caso di iCARE Platform®, una piattaforma interattiva che si interfaccia con diversi device e tools grazie all’IoT al fine di proporre un percorso personalizzato per singolo utente per la prevenzione , il benessere e il supporto alla terapia.

 

Pertanto, per definire proposte di valore personalizzate e aggiornate rispetto ai needs dei diversi stakeholder, è fondamentale investire sulle competenze e professionalità necessarie per strutturare e implementare dashboard interattive, visivamente rappresentative delle informazioni raccolte e funzionali alla gestione delle numerose fonti di dati disponibili.

I servizi di Contact center nell’healthcare come punto di ascolto e fonte di insight

Contact center

Tempo di lettura: 4 minuti

Rispondere alle domande dei pazienti, supportare la gestione dei programmi di supporto e fornire servizi di coaching sono solo alcuni degli esempi applicativi in ambito healthcare dei contact center.

Il contact center viene adottato principalmente con lo scopo di massimizzare l’efficacia del rapporto con l’utente, integrandosi con altri canali e strumenti informativi e utilizzando la voce dell’operatore come principale mezzo per fornire supporto ai pazienti che chiamano. La voce può essere un valido strumento nell’ambito dell’assistenza e, nel caso specifico dei contact center, assume un importante rilievo sia quella del paziente che quella dell’operatore nella costruzione della relazione comunicativa.

A fianco alla funzione del contact center quale punto di ascolto delle diverse esigenze dei pazienti, questo può diventare una preziosa fonte di insight.

Infatti, è sempre esistita la necessità di monitorare questo tipo di servizio con alcuni indicatori. Tra questi, i più noti sono la percentuale di chiamate/risposte o ancora i punteggi di Customer Satisfaction (CSAT) e le evidenze di Customer Experience che hanno permesso di analizzare l’impatto dei tempi di risposta e di altri aspetti sui livelli di soddisfazione degli utenti e sulla complessità delle loro esperienze. Ascoltare la voce dei pazienti è alla base per comprendere i punti di forza e di debolezza del servizio e per implementare delle soluzioni ad hoc.

Cercare di dare risposte concrete senza trasmettere troppe volte la chiamata ad altri operatori, accettare i feedback e considerare le giuste metriche affinché i dati analizzati possano essere utilizzati per migliorare il proprio servizio, sono in generale le principali regole di un contact center capace di mettere le esigenze del paziente al centro.
Tuttavia, quali sono le best practice di questo tipo di servizio in ambito healthcare?

La giusta infrastruttura tecnologica e le metriche per monitorare e analizzare il servizio

Indicatori e tecnologie flessibili con accesso multicanale sono alla base della strutturazione di servizi di contact center efficaci e di valore per i diversi stakeholder. A fianco alla più tradizionale funzione di call center meramente telefonico, infatti, sempre più spesso vengono integrati altri canali di comunicazione e informazione: a partire dalla e-mail fino ai più recenti chatbot e risponditori vocali interattivi (IVR). In questo modo, gli utenti potranno accedere ai servizi di cui hanno bisogno attraverso le piattaforme e le modalità che preferiscono e con le quali sono più a loro agio. Anche alla luce di questa multicanalità, altri due aspetti imprescindibili di un’infrastruttura tecnologica efficiente sono la scalabilità ad adattarsi rapidamente alla variazione del numero di chiamate in arrivo, ma soprattutto la sicurezza nella gestione e conservazione di dati e registrazioni vocali in maniera conforme alle leggi e alle best practice vigenti.

Tuttavia, You get what you measure e, pertanto, quando si crea la tecnologia a supporto dei servizi di contact center è importante raccogliere le metriche rilevanti e presentarle in maniera comprensibile affinché si possa avere una realistica e aggiornata visione d’insieme delle performance ottenute e delle esigenze dei pazienti ancora insoddisfatte. Anche se l’Average Response Time è stata da sempre una delle metriche più ricercate e valutate, si è scoperto che portando il tempo di risposta da 20 fino a 90 secondi, in realtà non si registrava un calo della customer satifsfaction.
È fondamentale, pertanto, implementare strumenti di monitoraggio realmente capaci di cogliere e ascoltare in modo qualitativo le considerazioni dei pazienti. Per farlo è necessario porre le giuste domande nei questionari CSAT che devono chiedere al paziente una valutazione complessiva che consideri sia l’esito del servizio e cioè quanto sia stato risolutivo per il suo problema, sia le modalità con cui è stato erogato ed eventuali consigli in merito.
Il monitoraggio e l’analisi di questi indicatori, infatti, serve per evitare inutili frustrazioni per il paziente, per cercare di risolvere ogni genere di problematica nel modo più veloce ed efficiente possibile nonché per migliorare continuamente il servizio sulla base delle segnalazioni pervenute. Una volta raccolti i diversi dati relativi alla durata delle chiamate, al tasso di abbandono o, come abbiamo visto, alla customer satisfaction è possibile introdurre dei programmi di training per gli operatori che permettano loro di migliorarsi rispetto ad alcune criticità emerse ascoltando l’opinione dei pazienti.
Inoltre, utilizzare infrastrutture tecnologiche in grado di raccogliere e integrare in modo organico tutti gli insights, permette di monitorare in modo accurato e costantemente aggiornato il raggiungimento o lo scostamento dagli obiettivi preposti creando così le basi per un servizio al passo con le esigenze dei singoli utenti.

 

Chat, coaching e drug delivery: esempi di contact center nell’healthcare

Healthcare Network Partners già da tempo ha sviluppato diversi servizi di contact center legati a programmi di supporto ai pazienti.
Tra questi, durante l’emergenza Covid-19, è stato fondamentale garantire un servizio di drug delivery che desse supporto a coloro che avevano difficoltà di acceso ai centri clinici, problemi nel contattarli e nel procurarsi i farmaci necessari.

Per rispondere in modo rapido e mirato alle domande più frequenti dei pazienti con specifiche patologie, HNP ha ideato un servizio di chat supportato da operatori infermieristici specializzati.

A fianco a queste attività di supporto day by day, Healthcare Network Partners ha deciso di sfruttare lo strumento del contact center anche per erogare servizi di coaching rivolti ai pazienti.

Fornire ai pazienti un servizio che agevoli i contatti e le relazioni con gli operatori del settore salute è alla base di ogni programma e azione di supporto in ambito healthcare. Tuttavia, per farlo è necessario implementare una giusta sinergia tra capitale umano e tecnologie di supporto che permettano sia una fruizione agevole e flessibile sia la raccolta di dati al servizio del programma stesso.